Tag: Branding

INVESTIRE NEL MARKETING DIGITALE

IL RITORNO DEGLI INVESTIMENTI NEL MARKETING (ROI)

Una domanda che molto spesso mi sento porre è: se investo 1000 franchi in una strategia di marketing, quanto mi torna? E dopo quanto tempo?
Sicuramente dipende dal tipo di business, dal settore e da moltissimi altri fattori.
Comprendiamo a fondo il dilemma scendendo più nel dettaglio. Ti prometto che tra meno di 2 minuti risponderò alla domanda in maniera esaustiva. 

IL MARKETING DIGITALE È MISURABILE, SCALABILE, RIPETIBILE, PREVEDIBILE, OTTIMIZZABILE

Una delle caratteristiche del marketing digitale è quella di misurare, analizzare e valutare l’efficacia di ogni specifica azione. Questo per poter intervenire nel caso in cui non si rispettino gli obiettivi prefissati.

Il marketing digitale infatti è: misurabile, scalabile, ripetibile, prevedibile e rapidamente ottimizzabile.

Immaginiamo una campagna Facebook creata con 2 varianti di foto e mettiamola a confronto con un cartellone.

Per la campagna Facebook posso conoscere quante persone hanno interagito, cliccato e acquistato. Posso valutare le due foto e capire se c’è una differenza significativa, se e perché l’una funziona più dell’altra. Posso attivarla, disattivarla, riattivarla ancora, modificarla o scalarla in qualsiasi momento con pochi click.

Non puoi avere tutti questi dati, invece, per il cartellone.

Per questo motivo nell’ambiente digitale si parla di Performance Marketing: vengono in altre parole misurati i risultati di una campagna analizzando i dati raccolti sugli utenti.

Bisogna però ammettere che alcuni aspetti, nonostante si possano implementare dei metodi di tracciamento davvero evoluti, rimangono difficili da misurare. In particolare mi riferisco alla notorietà/consapevolezza di un brand. 

Il marketing non è altro che una relazione con i consumatori. Noi possiamo monitorare sono gli effetti manifesti di questa relazione, perché il processo di acquisto è variegato e complesso. Esiste sempre una parte latente di questo rapporto di fiducia. Per questo motivo sempre più si parla di performance marketing e di branding come una sola componente piuttosto che due cose scisse. 

Un altro aspetto da non sottovalutare è dato dal fatto che i mercati sono dei luoghi in cui la concorrenza rappresenta l’asticella che lo tiene in equilibrio, quindi non investire in marketing quando le vendite vanno bene può rappresentare una scelta sbagliata nel lungo termine che può far perdere il vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti.

Tornando alla domanda principale, una buona strategia di marketing è frutto di un’attenta analisi delle varie componenti e permette di individuare tattiche, canali e operatività che nel breve o nel medio-lungo termine portino dei risultati.

E’ indispensabile comprendere che una fase di analisi rappresenta un costo nel breve periodo, ma permette nel medio-lungo di avere dei risultati che ripagano. 

E’ difficile dare una risposta univoca. Tendenzialmente nel giro di 6 mesi/1 anno si arriva a pareggiare le spese di marketing e a fare profitto.

Nel giro di 1-2 anni si ha un ritorno significativo dell’investimento fatto e un notevole incremento della riconoscibilità del brand.

Chiaramente il budget investito deve essere sostenibile per l’imprenditore. Ogni imprenditore sa che avere un’azienda che aumenta costantemente il suo valore è il miglior investimento che può fare!

Questo era quello da sapere sul ritorno degli investimenti nel marketing (ROI).

Qual’è il perché della tua ditta? Ford vs Ferrari

Questo articolo rappresenta la seconda parte del l’articolo “Qual’e il perchè della tua ditta?” che puoi trovare al seguente link: https://www.pubblisystem.ch/quale-il-perche-la-vision-della-tua-azienda/

Prenderò ad esame due famosi marchi del settore automotive e le relative vision.

 

Caso 1:

Henry Ford. Nato da una famiglia di contadini, da giovane vide un macchinario agricolo a vapore utilizzato per spostare dei pesanti attrezzi agricoli. Questo genere di macchinario era molto diverso dai moderni trattori, veniva definito “motore a vapore portatile”. Da quel momento in lui nacque il desiderio di creare delle carrozze senza cavalli, per dare l’opportunità a tutti gli americani di potersi spostare più facilmente.

 

 

Passarono altri 25 anni circa prima che la Ford Motor Company vedesse la luce. Durante questi anni, Henry lavorò come apprendista meccanico cercando di acquisire la conoscenza necessaria. E quando finiva la sua giornata in fabbrica si metteva a lavorare al suo progetto per la creazione di un motore economico, pratico ed affidabile.

E’ importante sottolineare che in questi anni che intercorrono tra la nascita del perché e la nascita della Ford Motor Company, non aspettò occasioni o opportunità, ma il costante lavoro  rappresentano un ponte invisibile che congiunge il perché alla nascita di una delle più grandi aziende americane.

Quando nacque la Ford Motor Company, la pratica utilizzata da tutte le altre imprese dell’epoca era quella di cercare di ottenere una capitalizzazione più alta possibile tramite la vendita dei titoli, in modo da avere maggiore liquidità possibile e di conseguenza poter investire più capitale possibile nell’azienda. Ford non era di questa idea, lui pensava che un impresa dovesse prima “sperimentare sul campo” le proprie competenze e se riusciva ad ottenere dei guadagni doveva evolversi nel tempo in un’azienda di maggiori dimensioni. Il concetto di test e scalabilità che oggi tutti conosciamo: si prova un business su scala ridotta e se i risultati sono soddisfacenti lo si replica su vasta scala.

E’ importante sottolineare che Ford non perse mai di vista la sua bussola interiore. Il suo desiderio era quello di diffondere il più possibile il trasporto privato ad un costo accessibile a tutti. In quest’ottica creò ciò che in seguito venne definito modello Fordista, un modello di impresa che cerca di massimizzare l’efficienza produttiva e di contenere i costi tramite la divisione del lavoro. Basta pensare che i veicoli Ford venivano creati solo di colore nero perché era il colore che si asciugava prima. Inoltre per controbilanciare la durezza del lavoro nella catena di montaggio Ford offriva degli stipendi molto più alti della media, facendo in modo che i dipendenti stessi diventassero suoi clienti. Cosi nel 1920 la Ford model T rappresentava circa la metà delle auto circolanti negli Stati Uniti. Grazie a Ford l’automobile divenne un bene adatto anche alla classe media.

 

Caso 2:

Enzo Ferrari. Nato nella periferia di Modena, a soli 10 anni assistette ad una gara automobilistica. Dopo quel giorno nacque in lui il sogno di diventare un pilota. Si ammalò all’età della leva di polmonite. Negli stessi anni perse il padre e il fratello. La sua situazione economica era disperata. Cercò di farsi assumere alla FIAT come operaio, ma non ci riuscì. Conobbe per caso Ugo Sivocci in un bar di Torino. All’epoca, il futuro campione a cui dobbiamo il quadrifoglio delle Alfa Romeo, era collaudatore per una casa automobilistica italiana. Sivocci commosso dalla situazione di Enzo Ferrari lo fece assumere come collaudatore. Negli anni divenne pilota e si fece assumere dall’Alfa Romeo. Tuttavia capì che la sua strada non era quella del pilota. Così come solo un grande leader sa fare, riuscì a convincere i migliori progettisti presenti in Fiat a creare insieme a lui una scuderia di preparazione delle Alfa Romeo. Li convinse non con promesse remunerative, ma condividendo con loro il suo sogno e ispirandosi sul lavoro che avrebbero potuto svolgere insieme. Allo stesso modo seppe convincere i vertici dell’Alfa Romeo: nacque così la scuderia Ferrari.

Dopo la fine della seconda guerra mondiale Enzo Ferrari si separò definitivamente dall’Alfa Romeo e creò la Ferrari così come la conosciamo oggi.

Le case automobilistiche solitamente si cimentano nelle corse per dimostrare il loro prestigio. La Ferrari è nata dalle corse. Furono progettate prima le auto da corsa e come una naturale conseguenza le auto stradali.

 

 

Enzo Ferrari non era un industriale ma un costruttore di automobili. Durante gli anni in cui la crisi finanziaria ha fatto sentire il suo peso lui ha sempre messo una condizione inderogabile alla partecipazione di altre case automobilistiche in Ferrari: la piena autonomia della scuderia e del mondo delle corse.

Per lui le corse non erano di secondo piano, erano il suo obiettivo principale.

La macchina da corsa per me è come un figlio. Quando pensa che il figlio rappresenta la continuità di noi stessi, che lo porta a scuola e il giorno che riesce negli studi, ed è il primo della classe, è orgoglioso di lui, capita quello che per un costruttore si realizza trasformando una materia informe, dei forgiati, in una meccanica vivente, in un’armonia di suoni.

Era una persona decisa, tenace e visionaria. Mai contento del proprio operato diceva che la migliore Ferrari costruita è quella che non è stata ancora realizzata.

Abile a ispirare le migliori menti e guidarle verso il successo, seppe trasformare delle sfide in vantaggi come l’invenzione degli sponsor. Dopo aver ottenuto notorietà prese accordi con grandi brand come Shell per aumentare gli introiti, cosa che prima di lui non aveva fatto ancora nessuno nel campo automobilistico.

Henry Ford ed Enzo Ferrari partirono da un sogno differente in epoche diverse. Fecero scelte differenti in campo industriale ma entrambi riuscirono a raggiungere i massimi livelli.

Hanno tratti simili e altri opposti, ma ciò che sicuramente li accomuna è il partire da un sogno e la determinazione e la capacità di coinvolgere altre persone a lavorare alla realizzazione di quel sogno.

Come cita il libro “il tao della Leadership”

Leadership = Vision Ispirazione Slancio = VIS

Qual è il perché/la vision della tua azienda?

Ho una domanda da farti, hai chiaro in mente qual e’ la vision della tua azienda?

Molto spesso dietro a dei grandi brand non c’è solo una grande idea commerciale ma un grande “perché”.

Simon Sinek ha scritto due libri molto utili che si chiamano “Partire dal perché” (2009) e “Trova il tuo perché” (2018).

Devo dire che la lettura di questi libri non solo mi ha dato delle nozioni, ma mi ha anche aperto gli occhi rispetto al modo di guardare le aziende ed il branding.

 

Il nostro cervello ha l’incredibile capacità di scegliere le informazioni rilevanti per “semplificare” e “velocizzare” alcuni processi decisionali. Se dovessimo tenere conto di tutte le informazioni saremmo sommersi ed immobilizzati da esse.

Per questo motivo il cervello seleziona solo le informazioni più rappresentative e trae delle conclusioni permettendoci di reagire tempestivamente. D’altro canto ciò comporta che spesso le nostre conclusioni/decisioni non sono del tutto accurate.

 

 

Cosa c’entra questo con il discorso iniziale? Te lo spiego subito. Spesso siamo convinti che per creare un business di successo basta avere una grande idea e che tutto il resto sia di secondaria importanza. 

Purtroppo o per fortuna non è così. Una idea da sola senza le risorse, la costanza, il contesto adatto e molti altri fattori non porta molto lontano.

Osservando alcuni uomini di successo da vicino potrai accorgerti che il loro successo non è dato solo dalla loro idea e che probabilmente se non avessero avuto quella idea si sarebbero realizzati in qualche altro modo. Si tratta di persone focalizzate, determinateorganizzate e soprattutto con un “perché” di fondo.

Io credo profondamente che la comunicazione è e debba essere una mutua fecondazione, credo che si impari molto comunicando, insegnando e relazionandosi. Dopo aver letto i due libri sopra citati ho cercato di “trovare” degli esempi lampanti del “perché” di un business per comprenderne meglio le dinamiche.

Adesso quasi tutti i pezzi del puzzle si stanno per unire e potrai osservare il disegno nella sua interezza.

Nei prossimi articoli fornirò due esempi di come quanto detto nell’articolo ha riscontro nel mondo reale. Mettendo a confronto due colossi dell’automotive.

Cosa accomuna Ford e Ferrari? In cosa si differenziano?

Nel prossimo articolo lo vedremo insieme.