INVESTIRE NEL MARKETING DIGITALE

IL RITORNO DEGLI INVESTIMENTI NEL MARKETING (ROI)

Una domanda che molto spesso mi sento porre è: se investo 1000 franchi in una strategia di marketing, quanto mi torna? E dopo quanto tempo?
Sicuramente dipende dal tipo di business, dal settore e da moltissimi altri fattori.
Comprendiamo a fondo il dilemma scendendo più nel dettaglio. Ti prometto che tra meno di 2 minuti risponderò alla domanda in maniera esaustiva. 

IL MARKETING DIGITALE È MISURABILE, SCALABILE, RIPETIBILE, PREVEDIBILE, OTTIMIZZABILE

Una delle caratteristiche del marketing digitale è quella di misurare, analizzare e valutare l’efficacia di ogni specifica azione. Questo per poter intervenire nel caso in cui non si rispettino gli obiettivi prefissati.

Il marketing digitale infatti è: misurabile, scalabile, ripetibile, prevedibile e rapidamente ottimizzabile.

Immaginiamo una campagna Facebook creata con 2 varianti di foto e mettiamola a confronto con un cartellone.

Per la campagna Facebook posso conoscere quante persone hanno interagito, cliccato e acquistato. Posso valutare le due foto e capire se c’è una differenza significativa, se e perché l’una funziona più dell’altra. Posso attivarla, disattivarla, riattivarla ancora, modificarla o scalarla in qualsiasi momento con pochi click.

Non puoi avere tutti questi dati, invece, per il cartellone.

Per questo motivo nell’ambiente digitale si parla di Performance Marketing: vengono in altre parole misurati i risultati di una campagna analizzando i dati raccolti sugli utenti.

Bisogna però ammettere che alcuni aspetti, nonostante si possano implementare dei metodi di tracciamento davvero evoluti, rimangono difficili da misurare. In particolare mi riferisco alla notorietà/consapevolezza di un brand. 

Il marketing non è altro che una relazione con i consumatori. Noi possiamo monitorare sono gli effetti manifesti di questa relazione, perché il processo di acquisto è variegato e complesso. Esiste sempre una parte latente di questo rapporto di fiducia. Per questo motivo sempre più si parla di performance marketing e di branding come una sola componente piuttosto che due cose scisse. 

Un altro aspetto da non sottovalutare è dato dal fatto che i mercati sono dei luoghi in cui la concorrenza rappresenta l’asticella che lo tiene in equilibrio, quindi non investire in marketing quando le vendite vanno bene può rappresentare una scelta sbagliata nel lungo termine che può far perdere il vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti.

Tornando alla domanda principale, una buona strategia di marketing è frutto di un’attenta analisi delle varie componenti e permette di individuare tattiche, canali e operatività che nel breve o nel medio-lungo termine portino dei risultati.

E’ indispensabile comprendere che una fase di analisi rappresenta un costo nel breve periodo, ma permette nel medio-lungo di avere dei risultati che ripagano. 

E’ difficile dare una risposta univoca. Tendenzialmente nel giro di 6 mesi/1 anno si arriva a pareggiare le spese di marketing e a fare profitto.

Nel giro di 1-2 anni si ha un ritorno significativo dell’investimento fatto e un notevole incremento della riconoscibilità del brand.

Chiaramente il budget investito deve essere sostenibile per l’imprenditore. Ogni imprenditore sa che avere un’azienda che aumenta costantemente il suo valore è il miglior investimento che può fare!

Questo era quello da sapere sul ritorno degli investimenti nel marketing (ROI).

COME CREARE UNO SHOP DI SUCCESSO CON L’ECOSISTEMA E-COMMERCE

TUTTO CIÒ CHE DEVI SAPERE SULL’ECOSISTEMA E-COMMERCE

Il commercio elettronico, cioè la vendita dei prodotti su Internet, è oggi una prassi comune. Il consumatore abbina sempre più gli acquisti online a quelli nei negozi fisici. Se prendiamo la Svizzera, al 2019, il 72% della popolazione totale fa acquisti online! Per questo oggi è vitale per un business avere un sito e-commerce per andare incontro alle esigenze dei consumatori e alle loro nuove abitudini di acquisto.
Un e-commerce è costituito da diversi elementi e coinvolge diverse discipline: grafica, comunicazione, neuromarketing, informatica, marketing, automazioni, fino agli aspetti legali.
Se vuoi conoscere tutti i segreti per realizzare e mantenere un sito e-commerce competitivo, tutto quello che devi fare è leggere questo articolo!  Ecco ciò che devi sapere sull’ecosistema e-commerce!

INDICE 

DEFINIZIONE DI E-COMMERCE E DIFFERENZA CON MARKETPLACE

Per e-commerce si intende l’insieme delle transazioni che avvengono nello scambio di beni e servizi tramite Internet.

Il tutto avviene su una piattaforma terza oppure direttamente sul tuo sito.

Questa è proprio la differenza che passa tra e-commerce e marketplace

  • E-commerce è un sito che appartiene all’azienda, il marketplace è una piattaforma online di terze parti all’interno della quale è possibile vendere prodotti aggregandoli in diverse categorie merceologiche (es. Amazon e Ebay);
  • L’e-commerce, di conseguenza, lo gestisci direttamente tu, il marketplace è gestito dalla piattaforma stessa;
  • L’e-commerce mostra solo i tuoi prodotti, mentre il marketplace anche i prodotti di altri rivenditori.

L’ECOSISTEMA 

Quello dell’e-commerce è un ecosistema complesso che per funzionare ha bisogno di una serie di componenti pensati per un unico scopo: convertire un visitatore in cliente!

Le componenti che fanno parte di questo ecosistema sono:

  • il sito e-commerce stesso
  • i consumatori
  • il design
  • la user experience
  • i contenuti
  • il sistema di e-mail automation
  • le campagne
  • le campagne di retargeting
  • l’integrazione con terze parti
  • la misurazione e la reportistica

A seguire vedremo nel dettaglio queste componenti.

DESIGN E USER EXPERIENCE

La parte grafica è uno dei punti focali di un e-commerce, perché da essa dipende buona parte dell’esperienza dell’utente.

Il sito deve essere, infatti, pulito, semplice, e gli elementi che lo compongono coerenti tra loro. 

Ma come rendere un sito e-commerce intuitivo e facile da usare? Vediamolo subito.

Ecco le caratteristiche e gli elementi richiesti:

  1. mobile friendly: il tuo sito deve essere pensato per i dispositivi mobili, perché il traffico oggi arriva principalmente da lì;
  2. homepage mirata: l’homepage deve comunicare in maniera inequivocabile cosa vendi, i prodotti in offerta, le spese di spedizione; se vuoi inserire uno slider, e noi ti consigliamo di farlo, devi fare attenzione che non diventi un catalogo, ma che comunichi solo i benefici per il consumatore nello scegliere i tuoi prodotti;
  3. elementi riconoscibili: icone, link e pulsanti devono essere facilmente e sempre visibili;
  4. recensioni: servono come “riprova sociale”, ossia per influenzare altri consumatori. Infatti, secondo lo psicologo e professore di marketing Robert Cialdini, le persone tendono a ritenere più affidabili quelle scelte che vengono fatte da altre persone;
  5. pagine prodotto: ogni prodotto deve essere presentato dettagliatamente con tutte le sue caratteristiche, modalità d’uso, prezzo e spedizione;
  6. menù chiaro: il menù deve essere strutturato in maniera logica, meglio se con macro e micro categorie;
  7. pagina di errore: questa pagina deve essere facilmente comprensibile all’utente, dovrà descrivere il problema che si è riscontrato e suggerire una soluzione;
  8. search box: deve essere presente nella parte superiore di ogni pagina per permettere all’utente di fare una ricerca precisa;
  9. carrello: anche l’icona carrello deve essere sempre raggiungibile da qualsiasi pagina, deve contenere i prodotti selezionati, il prezzo di ogni singolo prodotto e il totale della spesa;
  10. checkout: in questa fase occorre richiedere all’utente le credenziali, ma solo quelle necessarie per finalizzare l’acquisto;
  11. chat: infine, è opportuno mettere a disposizione dei visitatori una chat da usare per chiedere eventuale supporto. 

IL TRAFFICO E I CONTENUTI 

Il traffico sul tuo sito e-commerce può arrivare da svariati canali: dalla newsletter che invii ai tuoi clienti tramite e-mail, dai social media (su tutti Facebook), dagli annunci Google o da una ricerca sui browser.  

Qualunque sia il canale c’è un elemento che li accomuna: i contenuti.

Su ognuna di queste piattaforme devi creare dei contenuti ad hoc: video, foto, articoli podcast e altri contenuti multimediali.  

Realizza un piano editoriale in anticipo dove segnare i contenuti da realizzare e poi pubblicare sui suddetti canali. 

A cosa serve esattamente creare contenuti? Ecco alcune funzioni: 

  • creare valore 
  • creare consapevolezza
  • branding 
  • posizionamento
  • intrattenimento
  • value proposition 

I contenuti, dunque, hanno uno scopo ben preciso. Se riesci a veicolare tramite i contenuti tutte queste cose, sarai in grado di attirare i clienti sul tuo e-commerce e a creare una relazione con loro, che è la cosa più importante. 

CAMPAGNE ADS

GOOGLE 

Gli annunci pubblicitari su Google sono uno degli strumenti più efficaci per attrarre pubblico sul tuo sito. Tramite essi, infatti, puoi incontrare la domanda dell’utente che ha inserito uno specifico termine di ricerca. Se il tuo annuncio è pertinente alla ricerca dell’utente questo sarà mostrato nei risultati di Google nelle primissime posizioni.

Questo è il vantaggio della ricerca a pagamento rispetto alla ricerca organica (gratuita ma più lungo come processo per ottenere risultati).

Imposta le campagne per settore merceologico, ovvero dividi i prodotti in maniera più specifica. In questo modo ogni campagna ha il proprio budget stabilito senza influenzare le altre.

Ricordati anche di collegare Google ADS a Google Analytics e verifica che sia presente l’integrazione google analytics enhanced e-commerce per verificare quali campagne performano meglio e quali invece hanno bisogno di un miglioramento.

Google ADS offre la possibilità di realizzare diversi tipi di campagne (discovery, display o shopping). La scelta va fatta in base all’obiettivo fissato. 

Quelle più idonee ad un e-commerce sono le campagne shopping: sono quelle costituite da un’immagine, un testo e un prezzo e compaiono nella sezione shopping di Google e anche in genere nella parte alta dei risultati mostrati dal motore di ricerca dopo aver immesso il termine. L’obiettivo qui è di intercettare quegli utenti che hanno mostrato l’intenzione di acquistare qualcosa.

Google MyBusiness è un altro strumento utile per promuovere la tua attività e i tuoi prodotti, in particolare per chi ha anche un negozio fisico. 

Abbiamo parlato ampiamente di Google MyBusiness, ma in breve questa piattaforma consente di monitorare le interazioni degli utenti con la tua pagina e capire da dove arrivano: se direttamente da Google tramite ricerca diretta o da Maps oppure tramite una ricerca più generale del servizio. Puoi anche trovare le statistiche riguardanti le keyword, sul numero di chiamate ricevute, indicazioni richieste e quante visualizzazioni hanno ottenuto le tue foto.

Ci sono poi le campagne su YouTube, la famosa piattaforma video sempre di proprietà di Google: il formato che in questo caso va per la maggiore è quello di breve video della durata di 15 secondi che viene mostrato prima o durante un video. 

Facebook

Se Google ha il dominio della pubblicità sui motori di ricerca, Facebook ha quello sui social network, Facebook e Instagram. 

Fare pubblicità su queste piattaforme è molto efficace soprattutto per raggiungere pubblici diversi, ma soprattutto i giovani che le utilizzano quotidianamente. 

IL REMARKETING

Devi sapere che solo il 2% delle visite si traducono in una conversione, in altre parole la visita si conclude con un acquisto. 

Ecco perché sono fondamentali le campagne di remarketing o retargeting. Queste sono campagne ad hoc proprio per quei visitatori che hanno mostrato interesse, ma che per qualche motivo non hanno concluso un acquisto.

Se la SEO è ideale per attirare traffico, il remarketing contribuisce a trasformare questo traffico in conversioni. Ecco perché le due cose non possono essere scisse, ma devono far parte di un’unica strategia.    

WEBROOMING E SHOWROOMING

Due termini che forse hai cominciato a sentire sempre più spesso negli ultimi anni, sono webrooming e showrooming. Ma cosa significano?

Questi due concetti sono il risultato del cambiamento nelle abitudini di acquisto dei consumatori. Oggi, i consumatori sono molto più attenti al prezzo di un prodotto, questo si traduce nel comparare i prezzi di un negozio fisico con uno online.

Un “webroomer” è un consumatore che visualizza i dettagli di un prodotto sul web, ma poi lo compra in un negozio fisico.

Uno “showroomer”, al contrario, è un consumatore che prova un prodotto in negozio, ma poi lo acquista online.

Le motivazioni dietro questi comportamenti?

Nel primo caso, un consumatore si reca in negozio per testare il prodotto che ha trovato online, per essere certo della qualità del prodotto. Lo acquista, poi, direttamente lì perché il prezzo è uguale a quello trovato online, oppure perché magari non ha voglia di aspettare tutto il processo di ordine e spedizione che richiede l’acquisto online.

Nel secondo caso, il consumatore dopo aver provato il prodotto in negozio si reca a casa per ordinarlo ad un prezzo vantaggioso. Il prezzo è il fattore primario per cui un consumatore preferisce acquistare online, ma può anche dipendere dalla maggiore disponibilità di colori, taglie, ecc…

In questo contesto, occorre anche considerare la categoria di prodotto, la quale influenza la scelta. Secondo diversi studi, infatti, i consumatori preferiscono comprare online quei prodotti più durevoli, come libri, musica, abbigliamento, elettronica; mentre, preferiscono acquistare direttamente in negozio prodotti di genere alimentare e farmaci.

E-MAIL AUTOMATION 

Un sistema che devi assolutamente implementare è quello dell’e-mail automation, ovvero un sistema automatico di invio e-mail ai clienti. 

Questo metodo comprende diverse tipologie di e-mail da inviare ai consumatori:

  • e-mail di benvenuto,
  • e-mail di recupero carrelli,
  • di conferma ordine e spedizione,
  • e-mail primo acquisto,
  • e-mail con recensioni,
  • di winback,
  • utenti che non acquistano da 1-3 mesi

Questo sistema serve a tenere aggiornati i tuoi clienti su particolari news, offerte. Inoltre, servono a ricordar loro di aver dimenticato dei prodotti nel carrello e quindi di acquistare e infine di recensire il prodotto acquistato

La sua efficacia va monitorata costantemente. Per farlo esistono 3 metriche in particolare: a) tasso di apertura, b) tasso di click, c) acquisto non concluso.

INTEGRAZIONE CON TERZE PARTI

Integrare il sito e-commerce con sistemi di CRM rappresenta un importante aspetto strategico nella gestione delle vendite online. Se ben implementate, infatti, queste integrazioni sono in grado di migliorare l’efficienza del tuo e-commerce. 

Autoresponder, Google Analytics Enhanced E-commerce, Tag Manager, sono solo alcuni dei programmi che dovresti implementare. L’integrazione di questi sistemi è fondamentale anche per regalare un’esperienza ottimale all’utente e migliorare i risultati di marketing.

MISURAZIONE DEI RISULTATI E RETURN ON INVESTMENTS (ROI)  

Analizzare i dati e misurare le performance del sito e-commerce è necessario per comprendere cosa funziona e cosa non funziona.

STRUMENTI GOOGLE 

  • Google Analytics, è lo strumento che ti permette di analizzare statistiche sui visitatori del tuo sito, di misurare il ROI delle tue campagne pubblicitarie e di monitorare anche l’interazione con le tue pagine social;
  • Google Tag Manager (GTM), è lo strumento per la gestione dei tag, ovvero porzioni di codice per monitorare le tue attività online. Ma invece di dover inserire manualmente questi codici, GTM semplifica tutto il processo facilitando l’attività di monitoraggio;
  • Google Data Studio (GDS), è la piattaforma che consente di trasformare i dati in report. Lo si collega ad altri programmi, in genere Google Analytics. Infatti, Analytics raccoglie i dati mentre il Data Studio li visualizza sotto forma di report facili da leggere attraverso grafici e tabelle.

IL PIXEL DI FACEBOOK

La campagne di remarketing possono essere effettuate tramite Google ADS, ma anche su Facebook in modo da mostrare i tuoi annunci sul social network. 

Se hai intenzione di utilizzare Facebook ADS, ti consigliamo di implementare il pixel di Facebook.   

Si tratta di un prezioso strumento con cui puoi monitorare le inserzioni, misurare le conversioni e capire meglio il tuo target per migliorare le tue campagne.

Come abbiamo cercato di evidenziare, creare un piano di monitoraggio in cui stabilire macro e micro obiettivi da monitorare, è un lavoro chiave. 

Nel caso dell’e-commerce, tra gli obiettivi da monitorare ci sono:

  • visitatori di ritorno/nuovi visitatori, 
  • tempo medio sul sito, 
  • pagine visualizzate, 
  • visite al sito, 
  • visite alla pagina prodotto, 
  • aggiunge al carrello, pagine checkout, acquisti effettuati. 

Queste analisi sono utili per comprendere se il flusso di acquisto si interrompe in una determinata pagina e comprendere dove intervenire. Una volta capiti gli errori si possono effettuare dei test e validare o confutare l’ipotesi dell’ottimizzazione.

Non è tutto. Un’operazione fondamentale per capire l’andamento del tuo business è il calcolo del ROI e del ROAS (di cui abbiamo parlato approfonditamente qui).

Il ROI è il ritorno sull’investimento totale, mentre il ROAS è il ritorno dell’investimento solo sulla spesa pubblicitaria. 

Una delle caratteristiche del marketing digitale risiede proprio nella possibilità di misurare qualsiasi attività online. Approfitta di questo enorme vantaggio servendoti di piattaforme specifiche di calcolo del ROI.

LIFE TIME VALUE 

Una delle metriche più importanti oggi per gli e-commerce è il LTV, ovvero il valore nel tempo di un cliente per il tuo business.

Questa metrica è influenzata dalla frequenza di acquisto e dallo scontrino medio.

Alzare il valore di ogni cliente acquisito equivale a capitalizzare l’investimento in traffico fatto per acquisirlo.

Le 4 macro aree che creano il LTV sono: 

  • Acquisizione di traffico
  • Frequenza dell’acquisto 
  • Valore medio dell’acquisto 
  • Tasso di conversione del sito

Per fare questo bisogna prendersi cura del cliente, creare una sequenza di automazioni per massimizzare il profitto e un piano editoriale che lo tenga aggiornato e gli invii nuovi stimoli.  

Una famosa legge del marketing afferma che chi può permettersi di spendere di più nel marketing ha la meglio sul mercato. Questa frase non si riferisce solo alla possibilità di fare pubblicità, ma di fare investimenti in marketing misurabili e che generano investimenti positivi. 

Una campagna non è mai troppo costosa finchè genera un ROI positivo e sostenibile (abbiamo parlato del ritorno sull’investimento in questo webinar)!

CONCLUSIONE 

Abbiamo sottolineato come la compravendita su Internet è oggi più forte che mai, addirittura possiamo dire che la crisi sanitaria relativa al COVID-19 abbia ulteriormente rafforzato l’ecosistema e-commerce.

Ti abbiamo illustrato nel dettaglio da cosa questo ecosistema è costituito:

  • il sito e-commerce stesso
  • i consumatori
  • il design
  • la user experience
  • i contenuti
  • il sistema di e-mail automation
  • le campagne ADS
  • le campagne di retargeting
  • l’integrazione con terze parti
  • la misurazione e la reportistica

Tutte questi elementi non devono essere scollegati l’un l’altro, bensì devono essere allineati tra di loro e perseguire lo stesso obiettivo. 

Solo in questo modo il tuo sito e-commerce non avrà punti deboli!

Come scrivere uno spot radiofonico: i 7 aspetti chiave

La radio è ancora un mezzo di comunicazione valido e che intrattiene milioni di ascoltatori ogni giorno.

Investire nella pubblicità radiofonica non è affatto una pazzia! Se vuoi capire perché, ti consigliamo di leggere il nostro precedente articolo: “Ecco 6 motivi per fare pubblicità in radio in Ticino”.

In questo articolo, invece, illustreremo i 7 aspetti da considerare se si vuole scrivere uno spot radiofonico di impatto.

 

1 LIMITE DI TEMPO

La prima cosa da considerare è la durata. Solitamente uno spot radiofonico va dai 10 ai 30 secondi. In questo brevissimo arco di tempo devi dunque cercare di attirare l’attenzione di chi ti ascolta. I primi secondi sono cruciali, perché determinano se l’ascoltatore continuerà oppure no ad ascoltatore il tuo messaggio.

 

2 RAGGIUNGERE IL TARGET

Ogni business ha un target ben definito, ovvero quel gruppo di persone che hai scelto come destinatari dei tuoi prodotti o servizi. Per raggiungere il target scelto hai bisogno di dati: devi capire quale programma radiofonico viene seguito dallo stesso target cui vuoi vendere i tuoi prodotti. Puoi chiedere all’emittente le informazioni di cui hai bisogno. Poi tocca al copywriter scrivere un messaggio che incontri le necessità del target.

 

3 DESCRIVERE I BENEFICI DEL PRODOTTO O SERVIZIO

In qualsiasi messaggio pubblicitario, la cosa più importante è sottolineare i benefici che il tuo prodotto o servizio è in grado di portare e quindi il problema che è in grado di risolvere. Nei primi secondi è questo ciò che deve dire lo spot. In seguito devi, però, spiegare in cosa consiste e come funziona il prodotto più nel dettaglio.

 

4 INCENTIVARE GLI ASCOLTATORI

Scrivere un buon annuncio pubblicitario significa fornire agli ascoltatori dei motivi validi per cui dovrebbero acquistare il prodotto o servizio in questione.

 

5 CALL TO ACTION

La parte finale dello spot deve invitare gli ascoltatori a svolgere un’azione, che può essere: mettersi in contatto con te, inviare una e-mail, acquistare il prodotto, visitare il sito, seguire i canali social, ecc… La call-to-action dipende ovviamente dall’obiettivo che ti sei posto all’inizio quando hai deciso di realizzare lo spot.

 

6 STILE DI SCRITTURA

Uno spot radiofonico è molto breve, quindi occorre andare subito al punto con frasi brevi. Non c’è bisogno di dilungarsi, qui essere concisi è fondamentale.

 

7 SPEAKER E MUSICA

Gli ultimi due elementi da tenere in considerazione sono lo speaker e la musica. Il primo è colui che recita il testo scritto dal copywriter e deve essere scelto in base al tono che si vuole dare al messaggio; la seconda non è sempre richiesta. Se decidi di inserire della musica o dei suoni ricordati comunque che non è quello l’elemento principale. Il fulcro di uno spot è il messaggio!

 

L’agenzia Pubblisystem di Ascona-Losone può vantare anni di esperienza in questo settore, dalla scrittura dello spot sino alla scelta dello speaker.

Ecco 6 motivi per fare pubblicità in radio in Ticino!

La radio, al contrario di ciò che si potrebbe pensare, è ancora un mezzo di comunicazione potente in grado di raggiungere milioni di persone.

In Svizzera, secondo la PWC, società di consulenza che si occupa di redigere report sui temi più disparati, la radio raggiunge ogni giorno 5.9 milioni di persone, che corrisponde all’84% della popolazione totale svizzera.

Se questo non bastasse a convincerti, ti forniamo altri 6 motivi per cui dovresti investire nella pubblicità radiofonica!

 

1. OTTIMO RITORNO DELL’INVESTIMENTO

Il ritorno dell’investo (ROI) delle campagne radio può essere notevole. Sono diversi gli studi che supportano questa tesi. È poi risaputo che la radio è in grado di influenzare positivamente anche le pubblicità sugli altri mezzi di comunicazione: TV, digital, stampa e cartellonistica. Questa capacità è dovuta alla caratteristica unica della radio: è un medium “solo audio” in grado di stimolare aree specifiche del cervello incrementando il recall delle campagne visive;

 

2. GRANDE EFFICACIA NEL RAGGIUNGERE IL PUBBLICO

Come già sottolineato, gli ascoltatori radio sono milioni ogni giorno. Questo permette ad un brand di raggiungere il suo pubblico in numerose occasioni: in auto, a casa, e magari prima che vada al supermercato per effettuare un acquisto; in più il pubblico di ascoltatori è composto sia da giovani, sia da adulti, sia dai più anziani: questo fa si che, a seconda della trasmissione, ognuno può raggiungere il giusto target;

 

3. LO SPEAKER E LA FORZA DEL MESSAGGIO

Il messaggio audio è molto potente, poiché l’ascoltatore sente una voce umana che gli parla rendendolo più emozionale e di conseguenza più efficace; lo speaker è un essere umano in grado di raccontare e quindi di attrarre l’ascoltatore a sé rendendolo partecipe del programma; inoltre, il messaggio può, a differenza di altri medium, essere ascoltato anche mentre si è impegnati a fare altro;

 

4. LA RADIO SPINGE A COMPIERE UN’AZIONE

La radio è un flusso sempre attivo, quindi l’ascoltatore non smette mai di ascoltare fino a quando non spegne il dispositivo. Il passo successivo all’ascolto è l’azione, come una ricerca o addirittura l’acquisto;

 

5. È UN PERFETTO MEZZO DI SPONSORIZZAZIONE E PROMOZIONE

Lo speaker radiofonico è capace di citare un brand senza annoiare l’ascoltatore, ma camuffando quello che è un messaggio pubblicitario in un racconto; per un brand può essere davvero una maniera efficace di avvicinarsi aii propri consumatori;

 

6. ALTISSIMO GRADO DI COINVOLGIMENTO

La radio è un mezzo di intrattenimento fenomenale grazie alla sua programmazione variegata: musica, news, cultura, talk, approfondimenti. Qualsiasi target può trovare il programma che fa al caso suo!

Ricapitolando, la radio può rappresentare un ottimo supporto anche se hai già delle campagne di marketing digitali, in particolar modo per far conoscere le tue offerte. Per usare un gergo un po’ più tecnico possiamo dire che la radio può essere utile nella fase finale del funnel, al fine di incentivare l’utente che già ha sentito parlare di te tramite una promozione adeguata.

La cosa fondamentale è fare in modo che l’offerta, il messaggio e il tono di voce siano in linea con quanto già espresso nelle campagne digitali.

Coordinando il marketing digitale con quello tradizionale hai la possibilità di essere presente in punti diversi e stimolare l’azione dei consumatori in modo significativo. Come sosteniamo sempre noi siamo consulenti di marketing in un mondo digitale. Questo ci permette di avere una visione globale e di creare delle strategie omnicanale.

 

Se vuoi saperne di più chiamaci senza impegno per verificare insieme quali sono le potenzialità del tuo business!

Qual’è il perché della tua ditta? Ford vs Ferrari

Questo articolo rappresenta la seconda parte del l’articolo “Qual’e il perchè della tua ditta?” che puoi trovare al seguente link: https://www.pubblisystem.ch/quale-il-perche-la-vision-della-tua-azienda/

Prenderò ad esame due famosi marchi del settore automotive e le relative vision.

 

Caso 1:

Henry Ford. Nato da una famiglia di contadini, da giovane vide un macchinario agricolo a vapore utilizzato per spostare dei pesanti attrezzi agricoli. Questo genere di macchinario era molto diverso dai moderni trattori, veniva definito “motore a vapore portatile”. Da quel momento in lui nacque il desiderio di creare delle carrozze senza cavalli, per dare l’opportunità a tutti gli americani di potersi spostare più facilmente.

 

 

Passarono altri 25 anni circa prima che la Ford Motor Company vedesse la luce. Durante questi anni, Henry lavorò come apprendista meccanico cercando di acquisire la conoscenza necessaria. E quando finiva la sua giornata in fabbrica si metteva a lavorare al suo progetto per la creazione di un motore economico, pratico ed affidabile.

E’ importante sottolineare che in questi anni che intercorrono tra la nascita del perché e la nascita della Ford Motor Company, non aspettò occasioni o opportunità, ma il costante lavoro  rappresentano un ponte invisibile che congiunge il perché alla nascita di una delle più grandi aziende americane.

Quando nacque la Ford Motor Company, la pratica utilizzata da tutte le altre imprese dell’epoca era quella di cercare di ottenere una capitalizzazione più alta possibile tramite la vendita dei titoli, in modo da avere maggiore liquidità possibile e di conseguenza poter investire più capitale possibile nell’azienda. Ford non era di questa idea, lui pensava che un impresa dovesse prima “sperimentare sul campo” le proprie competenze e se riusciva ad ottenere dei guadagni doveva evolversi nel tempo in un’azienda di maggiori dimensioni. Il concetto di test e scalabilità che oggi tutti conosciamo: si prova un business su scala ridotta e se i risultati sono soddisfacenti lo si replica su vasta scala.

E’ importante sottolineare che Ford non perse mai di vista la sua bussola interiore. Il suo desiderio era quello di diffondere il più possibile il trasporto privato ad un costo accessibile a tutti. In quest’ottica creò ciò che in seguito venne definito modello Fordista, un modello di impresa che cerca di massimizzare l’efficienza produttiva e di contenere i costi tramite la divisione del lavoro. Basta pensare che i veicoli Ford venivano creati solo di colore nero perché era il colore che si asciugava prima. Inoltre per controbilanciare la durezza del lavoro nella catena di montaggio Ford offriva degli stipendi molto più alti della media, facendo in modo che i dipendenti stessi diventassero suoi clienti. Cosi nel 1920 la Ford model T rappresentava circa la metà delle auto circolanti negli Stati Uniti. Grazie a Ford l’automobile divenne un bene adatto anche alla classe media.

 

Caso 2:

Enzo Ferrari. Nato nella periferia di Modena, a soli 10 anni assistette ad una gara automobilistica. Dopo quel giorno nacque in lui il sogno di diventare un pilota. Si ammalò all’età della leva di polmonite. Negli stessi anni perse il padre e il fratello. La sua situazione economica era disperata. Cercò di farsi assumere alla FIAT come operaio, ma non ci riuscì. Conobbe per caso Ugo Sivocci in un bar di Torino. All’epoca, il futuro campione a cui dobbiamo il quadrifoglio delle Alfa Romeo, era collaudatore per una casa automobilistica italiana. Sivocci commosso dalla situazione di Enzo Ferrari lo fece assumere come collaudatore. Negli anni divenne pilota e si fece assumere dall’Alfa Romeo. Tuttavia capì che la sua strada non era quella del pilota. Così come solo un grande leader sa fare, riuscì a convincere i migliori progettisti presenti in Fiat a creare insieme a lui una scuderia di preparazione delle Alfa Romeo. Li convinse non con promesse remunerative, ma condividendo con loro il suo sogno e ispirandosi sul lavoro che avrebbero potuto svolgere insieme. Allo stesso modo seppe convincere i vertici dell’Alfa Romeo: nacque così la scuderia Ferrari.

Dopo la fine della seconda guerra mondiale Enzo Ferrari si separò definitivamente dall’Alfa Romeo e creò la Ferrari così come la conosciamo oggi.

Le case automobilistiche solitamente si cimentano nelle corse per dimostrare il loro prestigio. La Ferrari è nata dalle corse. Furono progettate prima le auto da corsa e come una naturale conseguenza le auto stradali.

 

 

Enzo Ferrari non era un industriale ma un costruttore di automobili. Durante gli anni in cui la crisi finanziaria ha fatto sentire il suo peso lui ha sempre messo una condizione inderogabile alla partecipazione di altre case automobilistiche in Ferrari: la piena autonomia della scuderia e del mondo delle corse.

Per lui le corse non erano di secondo piano, erano il suo obiettivo principale.

La macchina da corsa per me è come un figlio. Quando pensa che il figlio rappresenta la continuità di noi stessi, che lo porta a scuola e il giorno che riesce negli studi, ed è il primo della classe, è orgoglioso di lui, capita quello che per un costruttore si realizza trasformando una materia informe, dei forgiati, in una meccanica vivente, in un’armonia di suoni.

Era una persona decisa, tenace e visionaria. Mai contento del proprio operato diceva che la migliore Ferrari costruita è quella che non è stata ancora realizzata.

Abile a ispirare le migliori menti e guidarle verso il successo, seppe trasformare delle sfide in vantaggi come l’invenzione degli sponsor. Dopo aver ottenuto notorietà prese accordi con grandi brand come Shell per aumentare gli introiti, cosa che prima di lui non aveva fatto ancora nessuno nel campo automobilistico.

Henry Ford ed Enzo Ferrari partirono da un sogno differente in epoche diverse. Fecero scelte differenti in campo industriale ma entrambi riuscirono a raggiungere i massimi livelli.

Hanno tratti simili e altri opposti, ma ciò che sicuramente li accomuna è il partire da un sogno e la determinazione e la capacità di coinvolgere altre persone a lavorare alla realizzazione di quel sogno.

Come cita il libro “il tao della Leadership”

Leadership = Vision Ispirazione Slancio = VIS

Smart Working: Lavorare senza vincoli ma con maggiori responsabilità

Con l’emergenza Coronavirus (Covid-19), una delle principali preoccupazioni di governi e aziende è quella di contenere la sua diffusione. Pertanto una delle soluzioni adottate da molte imprese è quella dello ‘smart working’.

 

Per smart working si intende una modalità di lavoro senza vincoli orari o spaziali. In parole più semplici, un dipendente decide autonomamente quanto e dove lavorare, il che si traduce principalmente nello svolgere da casa le proprie mansioni.

Ora qui non esamineremo se questo metodo si sta rivelando o meno un giusto freno alla propagazione del virus.

Qui illustreremo, invece, le caratteristiche dello smart working:

  • i suoi punti di forza;
  • i suoi limiti;
  • quali sono i comportamenti da tenere per farlo funzionare;
  • alcuni software che ne aiutano la corretta organizzazione.

In questo periodo si sente parlare molto di smart working in relazione al Coronavirus, ma non è certo un metodo di lavoro che nasce oggi.

L’aumento dell’applicazione dello smart working da parte delle aziende è da attribuire ad una serie di fattori:

  • proliferare delle tecnologie digitali;
  • cambiamenti culturali;
  • struttura orizzontale delle aziende, non più verticale.

 

Una delle componenti indispensabili affinché questo metodo di lavoro funzioni è la fiducia. Il datore di lavoro deve fidarsi dei suoi dipendenti concedendo loro maggiore flessibilità e questi ultimi devono a loro volta essere più responsabili e dimostrare di poter lavorare autonomamente.

Se il sistema funziona, la relazione dipendente-datore di lavoro ne esce rafforzata, assottigliando ulteriormente le distanze tra i ruoli; al contrario, qualora le responsabilità reciproche dei soggetti venissero meno, il normale svolgimento delle attività potrebbe subire arresti e, di conseguenza, il rapporto deteriorarsi.

In definitiva, lo smart working è in grado di responsabilizzare i lavoratori e aumentare il loro coinvolgimento. Inoltre, da non sottovalutare sono i benefici ambientali che derivano dal minor utilizzo dei mezzi di trasporto.

 

I principali aspetti negativi sono invece:

  • maggior senso di solitudine del lavoratore;
  • difficoltà nel gestire imprevisti;
  • comunicazione più lenta e non immediata come quando si lavora a un metro di distanza;
  • distrazioni derivanti dall’ambiente domestico;
  • dimestichezza con le nuove tecnologie.

Proprio quest’ultimo punto è cruciale ai fini di un corretto funzionamento dello smart working. Per questo vi suggeriamo, a seguire, alcuni software in grado di migliorare la pianificazione del lavoro e la comunicazione:

  • Trello: è un software disponibile sia per PC sia smartphone che consente di organizzare e gestire le attività;
  • Servizi di cloud computing: sono software come Google Drive che permettono la memorizzazione e condivisione di progetti, lavori, file e quant’altro. Un “luogo” in cui conservare le proprie cose e a cui tutti possono accedere con un semplice clic;
  • Skype: è un software che tutti conosciamo, estremamente semplice da utilizzare ma allo stesso tempo efficace. Puoi dar vita a veri e propri meeting in modo da scambiare direttamente opinioni con il tuo interlocutore;
  • Servizi di desktop remoto per l’assistenza dei clienti: Teamviewer o AnyDesk. Sono degli strumenti che vengono in nostro aiuto quando dobbiamo fornire un’assistenza diretta sul pc dei nostri clienti;
  • Servizi di messaggistica: Telegram, Slack. Questi software rispondono alla necessità di comunicare con il team e con i colleghi e tenere traccia delle comunicazioni. Il più completo è Slack, dove potete creare diversi canali a seconda dei soggetti coinvolti e salvare allegati.

Come abbiamo cercato di mettere in evidenza in questo intervento, lo smart working è una modalità di lavoro che presenta diversi benefici per dipendenti, datori di lavoro e clienti. E gli aspetti meno favorevoli possono essere facilmente sormontati con la giusta attitudine e applicazione. La tecnologia, infine, è in grado di offrire il giusto supporto per consentirci di coordinare tutte le attività con grande agevolezza.

I numeri del digitale in Svizzera che ogni imprenditore deve conoscere

  • Come utilizzano esattamente Internet gli svizzeri?
  • Quali siti visitano di più? E quali social media utilizzano?
  • Come leggere questi dati secondo una prospettiva di marketing?

Qui metteremo in luce i numeri del digitale in Svizzera rilevanti per gli imprenditori, rimarcando le numerose opportunità che offre la digitalizzazione, tra cui l’avere una chiara strategia di marketing digitale, sia per chi vuole avviare una nuova attività sia per le imprese che vogliono rafforzare e ampliare il proprio business.

Come ogni anno We Are Social, agenzia creativa per social, e Hootsuite, la piattaforma di gestione dei social media più utilizzata al mondo, hanno condotto un’indagine sulle abitudini degli svizzeri nel 2019 in ambito digitale. Ecco i numeri del digitale in Svizzera.

 

La Svizzera innanzitutto si riconferma come uno dei Paesi più digitalizzati a livello mondiale. Presenta una popolazione di 8.62M di abitanti. Di questi il 96% ha accesso ad Internet (+1% rispetto al 2018) di cui l’89% tramite dispositivi mobili (81% nel 2018), ma solo il 52% utilizza i social media (il 92% dei quali da mobile).

Il 95% della popolazione totale svizzera possiede uno smartphone, l’89% un laptop o PC e infine, degno di nota, è l’aumento dei possessori di smartwatch (19%).

I primi tre siti web visitati dagli utenti svizzeri sono Google, YouTube e Facebook.

Mentre i social media più utilizzati sono YouTube, Whatsapp, Facebook, Instagram, FB Messenger, LinkedIn, Pinterest, Skype, Twitter, Snapchat.

E anche se fanalino di coda, Tik Tok, il social media cinese esploso definitivamente in tutto il mondo nel corso del 2019, entra a far parte di questa classifica.

 

Dati interessanti emergono anche sulla salute del e-commerce:

il 76% della popolazione dai 16 in su, effettua acquisti online o transazioni;

il 34% degli utenti internet effettua acquisti online tramite smartphone;

il 56% tramite laptop o pc.

Le categorie e-commerce con le maggiori spese sono ‘Viaggi’, ‘Elettronica’, ‘Fashion’, ma la percentuale maggiore di crescita si registra però nel settore ‘Food & Personal care’.

 

Ritornando allo scopo di questo articolo, nel report sono presenti anche dati rilevanti in chiave marketing.

I numeri che seguono, infatti, si riferiscono al numero di utenti raggiungibili da un annuncio pubblicitario (la cosiddetta advertising audience):

  • 3.4M su Facebook;
  • 2.9M su LinkedIn;
  • 2.5M su Instagram;
  • 1.8M su Snapchat;
  • 1M su Twitter.

Anno dopo anno l’impatto della pubblicità digitale cresce costantemente e sempre più aziende, anche medio-piccole, stanno apprendendo quanto possa essere cruciale affidarsi a dei professionisti del settore nello sviluppare una strategia di marketing digitale.

Infatti, conoscere soltanto il numero degli utenti non significa molto. Dietro deve esserci uno studio accurato del target: capire l’età degli utenti, il sesso, i loro interessi, i loro valori, al fine di pianificare la strategia di marketing più adatta per raggiungerli (il che include la selezione dei migliori canali, la scelta dei contenuti, il tone of voice, il budget da destinare alle campagne pubblicitarie e così via).

Oggi siamo immersi da una quantità spropositata di dati. Il difficile non sta nell’accedere a tali dati, ma nel capire quali di essi possono essere utili per ottimizzare una strategia di marketing e raggiungere gli obiettivi dichiarati.

 

Questi sono solo alcuni dei numeri del digitale in Svizzera rilevanti per gli imprenditori. Per chi ha interesse ad approfondire e capire il comportamento degli utenti svizzeri online, al seguente link trovate il report completo a cura di Simon Kemp:

https://datareportal.com/reports/digital-2020-switzerland?rq=digital%202020%3A%20sw

DataReportal.com è un portale che offre dati, insight e trend sui comportamenti online degli utenti. Realizza report dettagliati per tutti i Paesi del mondo.

Qual è il perché/la vision della tua azienda?

Ho una domanda da farti, hai chiaro in mente qual e’ la vision della tua azienda?

Molto spesso dietro a dei grandi brand non c’è solo una grande idea commerciale ma un grande “perché”.

Simon Sinek ha scritto due libri molto utili che si chiamano “Partire dal perché” (2009) e “Trova il tuo perché” (2018).

Devo dire che la lettura di questi libri non solo mi ha dato delle nozioni, ma mi ha anche aperto gli occhi rispetto al modo di guardare le aziende ed il branding.

 

Il nostro cervello ha l’incredibile capacità di scegliere le informazioni rilevanti per “semplificare” e “velocizzare” alcuni processi decisionali. Se dovessimo tenere conto di tutte le informazioni saremmo sommersi ed immobilizzati da esse.

Per questo motivo il cervello seleziona solo le informazioni più rappresentative e trae delle conclusioni permettendoci di reagire tempestivamente. D’altro canto ciò comporta che spesso le nostre conclusioni/decisioni non sono del tutto accurate.

 

 

Cosa c’entra questo con il discorso iniziale? Te lo spiego subito. Spesso siamo convinti che per creare un business di successo basta avere una grande idea e che tutto il resto sia di secondaria importanza. 

Purtroppo o per fortuna non è così. Una idea da sola senza le risorse, la costanza, il contesto adatto e molti altri fattori non porta molto lontano.

Osservando alcuni uomini di successo da vicino potrai accorgerti che il loro successo non è dato solo dalla loro idea e che probabilmente se non avessero avuto quella idea si sarebbero realizzati in qualche altro modo. Si tratta di persone focalizzate, determinateorganizzate e soprattutto con un “perché” di fondo.

Io credo profondamente che la comunicazione è e debba essere una mutua fecondazione, credo che si impari molto comunicando, insegnando e relazionandosi. Dopo aver letto i due libri sopra citati ho cercato di “trovare” degli esempi lampanti del “perché” di un business per comprenderne meglio le dinamiche.

Adesso quasi tutti i pezzi del puzzle si stanno per unire e potrai osservare il disegno nella sua interezza.

Nei prossimi articoli fornirò due esempi di come quanto detto nell’articolo ha riscontro nel mondo reale. Mettendo a confronto due colossi dell’automotive.

Cosa accomuna Ford e Ferrari? In cosa si differenziano?

Nel prossimo articolo lo vedremo insieme.

7 aspetti che devi assolutamente conoscere prima di aprire un e-commerce

Uno dei principali problemi quando si vuole aprire un e-commerce è pensare che la difficoltà risieda nel creare un sito dove possano essere effettuati i pagamenti on-line. Pensando inconsciamente che tutto il resto funzioni autonomamente.

La realtà è esattamente il contrario. Creare un sito e-commerce oggi non è per niente complesso, è molto più impegnativo farlo funzionare.

 

Cosa devi tenere in considerazione:

1) La concorrenza/offerta/prodotto è rappresentata da tutti i coloro che vendono on-line e off-line gli stessi prodotti. Se il prodotto che vuoi vendere si trova anche sotto casa ad un prezzo simile, probabilmente l’investimento di acquisizione del traffico è maggiore dei possibili ricavi.

  • Fai parte di una nicchia di mercato?
  • La tua offerta è particolarmente vantaggiosa?
  • Il tuo prodotto ha qualche particolarità rispetto ai beni sostituti

 

2) Identifica il processo d’acquisto e le sue caratteristiche.

  • Si tratta di beni che vengono acquistati facilmente on line?
  • Richiedono valutazioni particolari? Sono standard oppure sono personalizzabili?
  • Sono costosi?
  • Sono urgenti?

 

3) Identifica chi sono i tuoi clienti tipo e classificali in più cluster.

Le cose da tenere in considerazioni sono: Genere, Età, area geografica, Obiettivi, Sfide, leve di dolore/piacere/logica, obiezioni al processo d’acquisto…

Identificare le negative persona, coloro che non acquisteranno mai da te.

 

4) Crea un business plan realistico inserendo tutti i costi di gestione, i costi delle varie campagne marketing e delle previsioni realistiche di ricavo. Senza un business plan rischi di non conoscere l’entità dei costi e la possibilità di ricavi navigando alla cieca.

  • Hai budget per sostenere il progetto per almeno un anno?
  • Qual’e’ il tuo BEP?
  • Quali sono i tuoi margini?

 

5) Crea un marketing Plan. Identifica il processo d’acquisto e crea un piano di marketing per ottimizzare le conversioni. Pianifica l’acquisizione del traffico organico/pagamento. Stabilisci dei budget mensili e la loro redistribuzione.

Creare traffico costa in termini di costo effettivo e di impegno necessario a creare dei contenuti, devi creare un piano editoriale partendo dai bisogni/dubbi/desideri dei tuoi clienti. Alcuni contenuti hanno il solo scopo di far conoscere l’attività/il prodotto, altri contenuti hanno lo scopo di interessare/intrattenere ed altri contenuti ancora vanno progettati per cercare di convertire gli utenti pronti alla conversione.

 

6) Sei disposto a metterci la faccia? Se vuoi vendere un prodotto ad una nicchia nel 2020 non puoi fare a meno di creare dei contenuti video. I contenuti video utili/divertenti/interessanti hanno i seguenti vantaggi:

  • Creano una relazione emotiva con il cliente, legandolo a chi interpreta il video.
  • Rimangono impressi nella memoria delle persone più delle immagini.
  • Se realizzati con costanza per un po di tempo ti permettono di diventare una figura di riferimento per una particolare nicchia. (TOM Top Of Mind, la prima persona che viene in mente perchè esperta di…)

 

7) Monitora i dati.

  • Quale campagna sta contribuendo alle vendite?
  • Qual’e’ il ROI?
  • Quale canale di acquisizione funziona di più?
  • Ma soprattutto: Quali dati devo monitorare e come faccio a misurare correttamente?
  • Devi creare un piano di misurazione

Se l’articolo ti è stato utile continua a seguirmi.

Il 04 Febbraio 2019 alle ore 18:30, nel nostro ufficio di Ascona terremo un workshop gratuito, in cui illustreremo un nostro caso studio di Love Babies e come abbiamo aumentato le vendite on-line del 161% nel secondo trimestre 2019.

 

Prenota subito gratuitamente, i posti sono limitati!

 

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